CENNI BIOGRAFICI
La produzione pittorica di Turci risente in maniera evidente della Metafisica, sia nella sospensione spazio-temporale che nella definizione del paesaggio. Risente dell’influenza dell’opera di Carrà, Sironi, Morandi e delle soluzioni figurative del bianco e del nero impresse nel cinema del grande realismo francese.
Erede di una lunga vocazione della Romagna padana e adriatica, predispose sentieri intramati di silenzio, di enigmi tenaci, di dimesse liturgie di poche cose, storie senza fatti ideate a svolgersi alla deriva tra spazi abitati da geometrie latenti, tra dune basse e aria di scirocco, tra molli calure e cieli bollenti di grigi.
Colori spenti, aria spesso immobile, i suoi personaggi stanno fermi e soli su battime deserte, volti e gesti non esprimono partecipazione ad alcunché. Quelle figure sono indifferenti anche all’aria afosa e umida, si lasciano vivere, non sono agite , accolgono il destino e aspettano. Ma se l’azione non c’è, questo non significa che non accada nulla. Anzi: donne, uomini, bambini, palloni da spiaggia, ombrelli, sedie, armadi, impalcature di ferro, grandi orologi, proprio in quanto consapevolmente dipinti come fossero muti appartati geroglifici, sono segni di una grande dinamica interiore, fatta di pause, intervalli e silenzi.