Mario Schifano: Visionario dell’Immagine

 

Mario Schifano (Homs 1934 – Roma 1998) è ritenuto da molti l’esponente di spicco della pop art italiana, viene considerato l’erede di Andy Warhol.

La sua ricchissima produzione è contraddistinta dalla creazione di dipinti di enormi dimensioni realizzati con smalti e acrilici.
Moltissimi dei suoi lavori, i cosidetti ‘monocromi’,  presentano solamente uno o due colori, applicati su carta da imballaggio incollata su tela; l’influenza di Jasper Johns si manifesta nell’impiego di numeri o lettere isolate dall’alfabeto, ma nel modo di dipingere possono essere rintracciate analogie con il lavoro di Robert Rauschenberg.

In un quadro del 1960 si legge la parola “no” dipinta con sgocciolature di colore in grandi lettere maiuscole, come in un graffito murale.

Ancora oggi le opere realizzate negli anni sessanta restano di incredibile attualità; tra le più importanti vanno ricordate le serie dedicate ai marchi pubblicitari, alle biciclette, ai fiori e alla natura in genere.

Appassionato studioso di nuove tecniche pittoriche, è trai primi ad usare il computer per creare opere, riuscendo ad elaborare immagini e a riportarle su tele emulsionate.
La prolificità dell’autore, e l’apparente semplicità delle sue opere, ha portato alla creazione di un numero impressionante di falsi che hanno inondato i mercati, soprattutto dopo la sua scomparsa.

Appassionato di ciclismo, ha disegnato per due volte la maglia rosa. Muore a 64 anni, dopo una vita di eccessi e sregolatezze: ha sperimentato il carcere a causa della droga; fu ricoverato in manicomio; tentò il suicidio.

E’ stato un fiume in piena, un artista che ha prodotto per circa quattro decenni, una quantità torrenziale di opere, rapidamente, violentemente, ingoiando e rimaterializzando immagini senza soluzione di continuità, succhiate dalla vita privata, dal medium televisione, dai propri paesaggi mentali, da viaggi fisici ed onirici.

Arte e vita anche in questo caso sono state intimamente intrecciate tra di loro, facendone “ un inviato speciale nella pittura come uomo e un inviato speciale nella realtà come pittore ” secondo la nota definizione del critico Achille Bonito Oliva, curatore della grande retrospettiva organizzata a Milano a dieci anni dalla sua morte.

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