Nato a Milano nel 1910, si trasferirà con la famiglia a Firenze nel 1925: qui compie gli studi presso il Collegio dei Padri Scolopi e nel 1927 comincerà a frequentare la Scuola Libera di Nudo dell’Accademia di Belle Arti.
Dotato di un’indole autonoma Annigoni vivrà tra Milano, dove la famiglia era tornata e Firenze, dove entrerà a far parte di un fervido clima intellettuale (Renzo Simi, Mario Parri, Carlo Francovich, Niccolò Rasmo).
Proprio in questo periodo fiorentino Annigoni definisce i propri interessi e orienta il proprio gusto, partecipando al dibattito sull’arte, ma rimanendo estraneo a movimenti e correnti, contraddistinguendosi sempre di più, come personaggio fuori dai canoni.
Il 1936 segna il primo vero successo di pubblico con la personale di Milano; subito dopo realizzerà il primo importante ciclo decorativo ad affresco nel convento mediceo di San Marco, raffigurante una DEPOSIZIONE permeata di tensioni espressioniste e drammatiche, che bene interpretano la ricerca di un arduo equilibrio fra modernità e tradizione.
Da questo momento in poi la pittura a sfondo religioso sarà, insieme alla ritrattistica e all’incisione, uno dei temi portanti della sua produzione pittorica marcata da un’autentica vena malinconica.
Annigoni dal 1949 in poi esporrà con continuità e successo all’estero, in particolare Londra, dove nel 1955 eseguì il RITRATTO DELLA REGINA ELISABETTA II, opera emblematica presso una società d’élite che in lui vede il degno erede di una tradizione antica, quella del ritratto inglese.
Tra i tanti illustri personaggi da lui ritratti ci furono: il duca di Edimburgo, la principessa Margaret, papa Giovanni XXIII, John Fitzgerald Kennedy.
Tra il 1958-1980 Annigoni fu impegnato nella realizzazione di importanti cicli decorativi di tema sacro per la Chiesa di San Martino a Castagno d’Andrea, per il Santuario della Madonna del Buon Consiglio a Ponte Buggianese, per la Chiesa Maggiore dell’Abbazia di Montecassino e per la basilica di Sant’Antonio a Padova.
“oggi è innegabile che egli sia stato una figura che ha giocato un ruolo di rilievo inconfutabile nel dibattito artistico seguito al 1945. Quegli anni non furono solo quelli della rottura all’interno del versante comunista fra gli artisti astrattisti, promossi in modo decisivo da Lionello Venturi attraverso il “Gruppo degli Otto”, e i realisti di Togliatti, Guttuso e Pizzinato. Quegli anni videro in prima linea anche un importante fronte “anti-modernista”, che nelle posizioni assunte da De Chirico fin dagli anni trenta, ossia nella difesa del mestiere e della tradizione italiana, trovava un preciso punto di riferimento. Di quell’anti-modernismo, Pietro Annigoni è stato il primo fondamentale esponente”.
“Annigoni aveva imparato il sublime mestiere dai fiorentini cinquecenteschi, quello che in seguito esibirà nei ritratti dei “grandi del mondo” in stile nouveau pompier, cui dovrà molta della sua popolarità; ma era anche un artista capace d’innestare alle proprie forme, impeccabilmente classiche, sottili vibrazioni, improvvisi irrobustimenti del tratto, imprevedibili bagliori di una sensibilità non olimpicamente distaccata dal mondo, bensì modernamente inquieta. Lo stesso Annigoni ammetteva questa sua doppia natura, affermando di guardare a due modelli artistici, uno supremo e assoluto, l’altro più corrosivo e viscerale: “ in cielo Fidia e in terra Magnasco”.
“nei disegni, nei bozzetti preparatori e negli acquerelli, Annigoni riesce a recuperare una vena espressiva meno convenzionale, non di rado più intima e sentita, dove l’aurea matrice cinquecentesca si carica di quelle intensità settecentesche che ancora dicono tanto all’occhio dell’uomo moderno.”
( Vittorio Sgarbi/VENIVIDIVICI.US-ARTE-Pietro Annigoni )
Circondato da un circolo selezionatissimo di allievi italiani e stranieri, Annigoni dipinge fino a quando si spegne a Firenze il 28 ottobre 1988.