Remo Brindisi: Dal Realismo all’ Espressione Informale

 

Pittore Verista del Novecento italiano, nasce a Roma il 25 Aprile 1918.
Frequenta dapprima la Scuola d’Arte di Penne, dove suo padre insegna scultura in legno, poi le lezioni alla Scuola Libera di Nudo dell’ Accademia di Belle Arti di Roma, fino a quando ottiene una borsa di studio per l’Istituto Superiore d’Arte per l’Illustrazione del Libro di Urbino.

Chiamato sotto le armi, durante la seconda guerra mondiale, arriva a Firenze, dove vive una pausa felice nel circolo di amici artisti, quali Felice Carena, Ardengo Soffici e Ottone Rosai.
A Firenze nel 1940, Brindisi allestisce la sua prima mostra personale con quadri che hanno un’ impostazione descrittiva e poetica: il catalogo di questa mostra ha la presentazione di Eugenio Montale.

Fatto prigioniero dai tedeschi, riesce a fuggire e si rifugia a Venezia fino al giorno della Liberazione.

Negli anni ’40 e ’50 Brindisi partecipa a tutte le Biennali di Venezia ed alle Quadriennali di Roma, distinguendosi per il grande impegno politico e civile, utilizzando caratteri Espressionisti nell’ ambito della Nuova Figurazione, con chiare tendenze Informali.

Trasferitosi a Milano dal 1947, entra nella polemica tra Realisti ed Astrattisti, in corso in quegli anni, e si schiera aderendo al “Gruppo Linea”: il suo stile si apre a nuovi elementi e le sue figure assumono il tipico appiattimento Cubista.

Nel 1950 il Gruppo Linea si scioglie ed il pittore accosta al movimento del Realismo, che coinvolge oltre all’ambiente artistico, anche la stampa politica.

Remo Brindisi dipinge grandi opere con temi ciclici, molti suoi quadri affrontano temi sociali, facendosi testimone di una sofferenza collettiva, la cui rappresentazione dà alle opere un carattere epico.

Fra il 1956-57 crea le quattordici tele di “Via Crucis”, momento di religiosa interiorità nel clima di tensione del dopoguerra.

Di grande vigore appare il ciclo “Storia del Fascismo” che lo ha impegnato fra il 1957 e il 1962.
In questo lavoro abbandona l’impianto architettonico dell’immagine, adotta l’espressività intensa dai toni ombrosi di una pittura informale.

A quindici anni dalla fine di un’ era, dopo una serie di disegni, tempere ed incisioni, Brindisi realizza due serie di grandi quadri sui personaggi, temi ed avvenimenti storici e politici del Ventennio fascista.

Le opere parlano di atmosfere interiori, di ricordi traumatici, che riemergono dopo anni sotto forma di incubi.
Illustrando alcuni avvenimenti salienti della vicenda del Fascismo, fissando sulla tela immagini viste con gli occhi della mente, l’artista dà forma alla cattiva coscienza, al marchio della colpa sull’uomo, all’orrore non rielaborato e non superato.

Remo Brindisi legato, nelle opere giovanili, ad un impianto descrittivo e realistico, maturando il suo stile, aggiunge sfumature espressioniste, dando vita ad un suo personale linguaggio neofigurativo.

Nominato presidente della Triennale di Milano, è stato per parecchi anni docente e direttore dell’ Accademia di Belle Arti di Macerata.

La critica internazionale ha sottolineato ogni esposizione con il suo consenso, promuovendolo tra i pittori più noti e citati della pittura italiana del XX secolo.

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